martedì 5 marzo 2013

Abusi di potere delle forze dell'ordine

Sto tornando a scrivere sul blog dopo mesi per raccontare un'esperienza che ho vissuto e che purtroppo sto vivendo a mie spese da circa un anno. Si tratta degli atteggiamenti delle forze dell'ordine (Carabinieri soprattutto, poi Polizia di Stato e Guardia di Finanza) nei miei confronti.
Io sono un ragazzo ventenne che studia scienze politiche a Roma, ma sono originario di Termoli, e quello che voglio raccontarvi avviene proprio qui, in questo piccolo centro sulla costa molisana.
Il fatto è che io sono noto a tutte le forze dell'ordine per il fatto che fumo spinelli e faccio uso di droghe, e da quando (specialmente i Carabinieri) sono a conoscenza di queste mie personali abitudini, la vita mi è stata resa impossibile.
Vengo fermato praticamente ogni volta che vengo visto da un agente, non importa se mi veda per caso o nel corso di una operazione di polizia, appena mi vedono mi vengono chiesti i documenti. Direte che è normale chiedere i documenti ad una persona, si chiama fermo identificativo. Il problema non è la richiesta dei documenti, quanto quello che segue. Ormai posso dire che il 100 % delle volte che mi vengono chiesti i documenti vengo portato in caserma e le forze dell'ordine danno il via a quella che chiamano "operazione di polizia finalizzata alla prevenzione di uso e spaccio di sostanze stupefacenti", operazione che, immancabilmente, comprende la mia deportazione in caserma, l'essere privato di telefono e della possibilità di rivolgermi ad alcun legale o familiare, l'essere spogliato nella caserma stessa, essere deriso dai pubblici ufficiali, e infine una perquisizione a casa. Ci tengo a precisare che in casa mia, nonostante le frequenti e assolutamente ILLEGALI (poichè mai un procuratore ha concesso un mandato di perquisizione nei miei confronti prima che avvenissero le stesse) ispezioni, non è mai stato trovato nulla.
Quello che chiedo è dignità, è rendersi conto che i reati connessi all'uso e allo spaccio di stupefacenti non sono in realtà reati, in quanto se io prendo la decisione di drogarmi, questo importa solo a me e rientra nella mia libertà di decidere cosa fare di me, non influendo in alcun modo la mia condotta sulla vita di altre persone. Inoltre, riguardo al reato di spaccio (faccio un discorso generale riguardo al reato come tale, e dunque come, si presume almeno, una violenza commessa nei confronti di qualcun altro), esso a mio avviso non può essere annoverato tra i casi penalmente punibili, poichè il lavoro dello spacciatore è quello di rispondere alle esigenze di alcune persone che hanno bisogno o voglia di determinate sostanze di cui faranno un uso personale (e dunque rientrante nell'ambito della libertà personale) o che ricadranno (nel caso in cui spacceranno anch'esse) nella stessa definizione di cui sopra.
 Il reato punibile penalmente, secondo quella che è la logica umana che nessuna legge potrà mai sostituire, è semplicemente quello che comprende una violenza effettuata in maniera diretta ed intenzionale nei confronti di terze persone contro il volere delle stesse.
Infatti, essendo la definizione di bene e male relativa (vi sono uomini che non temono la morte, e la cercano, altri a cui piace ferirsi, altri che desiderano non ricevere cure mediche nel caso di una grave malattia), per non cadere in una contraddizione logica e per rispettare il più possibile le diversità e le particolarità di ogni singolo individuo, l'unica definizione che possiamo dare del "male" (e dunque di quello che per logica sarebbe un caso da punire penalmente) è quella di una azione effettuata in maniera diretta nei confronti di una terza persona e contro il suo volere.
Naturalmente reati come quello di spaccio decadono se seguiamo questa definizione, una definizione che tende a sminuire l'importanza data alla stabilità sociale dello Stato e a rivalutare l'importanza del singolo individuo, cercando di non asservirlo, addirittura andando a limare le sue libertà personali (come ad esempio il volere di fare di sè stessi ciò che si vuole o di esaudire il desiderio di un'altra persona, nel caso si parli di spaccio), ai fini superiori che lo Stato si propone di raggiungere.