martedì 19 aprile 2011

Le nuove rivoluzioni: supportarle?

Ci troviamo dinanzi a una strana epoca: mentre nei nostri relativamente calmi e tranquilli paesi occidentali ci godiamo la bella vita, con Internet, i sindacati, le università, la libertà di stampa e opinione, vi sono altri luoghi nel mondo (la maggioranza) nei quali la vita è scandita dai ritmi della dittatura e dell'oppressione.
Vi sono Paesi che devono ancora iniziare a lottare per quegli ideali da noi affermatisi nel periodo tra la rivoluzione francese e la fine dell'Ottocento: libertà, fratellanza, uguaglianza.
Ebbene oggi c'è qualcuno che si è svegliato la mattina e ha deciso di cambiare, ha scelto che forse è meglio morire piuttosto che vivere da schiavi, meglio scendere in piazza ed essere sparati che vivere rinchiusi nella propria inetta quotidianità ricca di soprusi e ingiustizie.
Eppure noi occidentali facciamo poco o niente: ci è bastato molto poco per entrare in un conflitto durato anni e costato moltissimi morti in Iraq (ma lì c'era il petrolio...) e adesso che si tratta di difendere vite umane, vite di vecchi, donne, bambini, uomini civili che combattono per gli ideali più puri, ci tiriamo indietro o quasi.
Il nostro unico aiuto a queste popolazioni di ribelli, che passeranno alla storia un giorno, è una timida No-fly-zone imposta a una parte della Libia.
Forse vi dichiarerete contrari alla guerra in linea di principio, ma vi faccio una domanda: si tratta forse di una guerra questa? Non è più simile al difendere in piazza i propri sacri diritti, quelli umani? Il principio è lo stesso. Tutti noi aborriamo la guerra quando questa è dettata dall'odio razziale o da un qualsiasi tornaconto personale, ma in questo caso si tratta di difendere la vita di persone buone, che chiedono solo ciò che noi abbiamo già...
Perciò basta dire che la guerra non si deve fare, perchè in realtà è vero che esistono conflitti buoni e cattivi, e ora ci troviamo dinanzi ad uno che più buono non vi è.
A voi la scelta: andare ad aiutare o lasciarli morire.

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