domenica 25 settembre 2011

Lettera rivolta a me

Ti conosco, Andrea Astore. Dalla normale distanza della semplice conoscenza,  ti ho guardato vivere e crescere, e ti sono stato idealmente al fianco nel bestemmiare alla vita quando questa ha insultato e schiaffeggiato la tua adolescenza.
Ti conosco di più ora e ne percepisco il privilegio. Avresti potuto  arrenderti a quegli insulti, avresti potuto sparire, nasconderti nel magma sociale dei giovani senza speranza che questa società ha creato: birra in una mano, fumo  nell’altra e in testa sogni infranti e rabbia che non trova destinatari.
Avresti potuto … ma hai preferito combattere. Hai preferito credere che ci sono vie di uscita in un dogma dimenticato  quanto scontato: il rispetto dell’uomo! Laddove l’uomo rappresenti “l’altro”, “il diverso” o se stesso.
Hai dato, Andrea, un esempio concreto nel far capire che ci sono altre strade, altre possibilità oltre il perseguire status sociali e arricchimento.
Hai dato una speranza anche a me e ad altri che la pensano come me,  forse non tutti noi “vecchi”  abbiamo sbagliato tutto, se ci sono ancora giovani come te, il futuro  può non essere un concetto astruso.
Conosco un altro Andrea, anch’egli diciottenne, che d’estate le sue vacanze le adopera per lavorare con l’associazione “Libera” la quale gestisce,  per utilità sociali, i terreni confiscati alle mafie. Và da sé che sia  un lavoro pericoloso ma va anche da sé che io ho un altro privilegio e un’altra speranza.
Spero vi conoscano gli altri ragazzi e attraverso voi comprendano  che c’è un’alternativa, che si può e si deve lottare, che si può e si deve cambiare.
Lino Perrotta





Grazie, per me significa molto, davvero. Ma si può scegliere di vivere anche con birra e fumo ed essere nonostante questo degli uomini buoni...

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